Descrizione
I taralli dolci napoletani sono veramente il fiore all’occhiello della pasticceria partenopea, sembra che siano tipici dolci di Pasqua ma si trovano anche in altri periodi dell’anno in tutte le Pasticceria Napoli e in Campania.
Non vanno confusi con i classici sugna e pepe, ossia quelli salati. Si tratta di un dolce tipico che solitamente viene preparato durante il periodo pasquale, in particolar modo il giovedì santo.
È ottimo da gustare a colazione e come dessert per accompagnare amari o vini passiti di vario genere, dato che si sposa molto bene sia con sapori forti che dolci proprio come i dolcetti di Pasta di Mandorle.
Non è molto complicata la preparazione, si fa spesso con gli avanzi ( come il biscotto amarena) della pasta frolla delle pastiere, in modo tale che nulla vada gettato via. All’impasto, si aggiunge anche un po’ di sugna, per renderli morbidi e fragranti e infatti molte donne li preparano anche in casa. Per chi vuole farli in casa un consiglio è quello di farli riposare 4-5 giorni in una scatola di latta e metterci un po’ di liquore.
I taralli napoletani dolci: quelli di Castellammare
Per risalire alle origini degli anginetti, dobbiamo risalire alla dinastia dei D’Angiò. Molto probabilmente, questi taralli dolci e ricoperti di glassa devono il loro nome tradizionale proprio ai re D’Angiò, che regnarono a Napoli nel Trecento. Si pensa anche che il loro nome equivale a molti parallelismi con alcuni termini della lingua napoletana dell’Ottocento. Ad esempio il nome di questi biscotti potrebbe rimandare sia al sapore di anice che li caratterizzava anticamente, sia alla loro forma, che ricorda un po’ quella di un uncino.
Ciò che rende fini questi taralli è il naspro, vale a dire la ghiaccia fondente bianca preparata a caldo nella quale, a fine cottura, vengono immersi e rigirati ( annasprati) finché non risultino velatamente bianchi e lucidi.
A partire dal 1848 gli anginetti sono diventati parte della tradizione gastronomica di Castellammare di Stabia, una località marittima nei dintorni di Napoli, dove ancora oggi questi taralli vengono cotti negli antichi forni a legna e venduti. Sono definiti principalmente i taralli di Castellammare.
Lo scrittore Erri De Luca li cita anche nel suo romanzo Montedidio:
“Aspettavamo babbo e quando usciva con la giacca buona e la camicia bianca abbottonata fino al collo e si era lavato e pettinato, eravamo la più bella famiglia della marina.
Passeggiavamo fino a Mergellina passando per Santa Lucia, mi comprava un tarallo di Castellammare. Mamma gli dava il braccio, io stavo dall’altra parte dentro la sua mano aperta. La gente si scansava per non disturbare la nostra formazione.”
Questi taralli sono totalmente diversi dai taralli dolci napoletani, pur essendo dolci ugualmente, è la preparazione ad essere diversa e la presenza di questa glassa bianca. Anch’essi sono ottimi come dessert con amari, vin santo o Marsala.
Come si fanno i taralli dolci napoletani: ecco la storia
Non ci sono notizie certe sulla storia dei taralli napoletani sugna e pepe, ovvero quelli salati. Ma La storia ci racconta che nascono dall’esigenza dei fornai napoletani di recuperare i resti della pasta lievitata della produzione del pane per non gettarla via.
Iniziarono così a fine del ‘700 a produrre la pasta lavorata divisa in due striscioline incrociate tra loro, arrotondate a cerchio e annodate. Diventarono così un cibo per i più poveri e venivano venduti per strada da ambulanti chiamati “tarallari” o chioschetti..
Successivamente sono stati arricchiti con altri ingredienti e nei primi anni dell’ 800 venne aggiunta anche la mandorla e fu inasprito con il pepe. Molti dolci sono fatti con l’aggiunta delle mandorle, ma sono appunto “dolci” come ad esempio la torta delizia alla mandorla, aggiungerle ad uno snack salato fu una vera rivoluzione.
Il connubio di questo sapore così diverso tra mandorle e pepe, lo rende lo snack salato per eccellenza, anzi è proprio diventato un’istituzione. Esso è sempre stato venduto tra Posillipo e Mergellina e ancora oggi i napoletani si incontrano lì per mangiare taralli e birra. Non si accompagna con altre bevande, solo con la birra da sempre.
I taralli salati, quelli di Castellammare e quelli dolci sono tutti diversi tra loro, è possibile gustarli imbustati sia nei supermercati che nei panifici, ma si possono comprare anche nelle pasticcerie più rinomate che li cuociono ancora nei forni a legna. Nelle pasticcerie trovi dolci napoletani anche di altre regioni come ad esempio il pasticciotto leccese.
I taralli, o tarallini, sono anelli di pasta non lievitata cotti in forno. In particolare l’impasto base è composto di farina, acqua o vino, olio e sale. A volte inoltre possono essere uniti degli altri ingredienti, ad esempio semi di finocchio, semi di anice o peperoncino, che rendono i taralli più buoni. Oltre che in Puglia, i taralli sono riconosciuti prodotti agroalimentari tradizionali italiani anche in altre regioni del centro-sud: Campania, Basilicata, Lazio, Molise e Sicilia.
Col tempo, partendo dalla ricetta originale, sono nati diversi tipi di taralli. In Puglia si trovano così i taralli neri con vincotto, i taralli dolci allo zucchero o al cioccolato, i taralli all’albume d’uovo, alla pizzaiola, ai semi di finocchio o al capocollo. In Campania si gustano i taralli intrecciati, i tarallini al vino, i taralli con le mandorle, sugna e pepe, al naspro e i taralli di Agerola.
In Calabria invece potete provare i taralli bianchi, i taralli morbidi, i tarallini ai semi di anice, al finocchio o al peperoncino. Anche in Molise e in Basilicata i taralli che vanno di più sono quelli ai semi di finocchio, a cui in Lucania si aggiungono i taralli ai peperoni cruschi e all’aviglianese con zucchero. In Sicilia inoltre si trovano anche i golosi taralli dolci ricoperti di glassa.
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